Alla base dei siti web e delle app che usiamo tutti i giorni ci sono i linguaggi di programmazione, cioè linguaggi formali che assegnano determinate istruzioni al computer per l’esecuzione di un compito. Oggi ne esistono di diversi, ciascuno con caratteristiche proprie e ambiti di utilizzo differenti, tutti sono però definiti da un lessico, un insieme di regole (sintassi) e una semantica formale. A scriverli sono i programmatori informatici, noti anche come developer (sviluppatori), che utilizzano appositi editor di testo per compilare il codice sorgente, ossia il testo di un algoritmo di un programma, o meglio ancora l’insieme di istruzioni necessarie per creare un programma per computer.
La storia dei linguaggi di programmazione inizia nella prima metà dell’Ottocento, quando la britannica Ada Lovelace, contessa e collaboratrice del matematico inglese Charles Babbage, definisce il primo linguaggio di programmazione di tipo assemblativo. Tra le altre cose, la nobildonna londinese introduce i concetti di variabile indice e ciclo ripetuto. A distanza di più 100 anni arrivano i linguaggi di nuova generazione, i cosiddetti linguaggi assembler, con il passaggio dalla codifica simbolica – anziché binaria – dei programmi. Lo step successivo arriva intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando si avverte l’esigenza di avere una codifica degli algoritmi indipendente dall’architettura della macchina e più vicina al problema che si intende risolvere attraverso uno specifico algoritmo.
Il primo linguaggio di programmazione di alto livello è il Fortran (1957), realizzato dall’informatico statunitense John Backus, da cui deriva il BASIC (1964) e tanti altri linguaggi che hanno segnato la storia della programmazione, tra cui il Lisp (1959). Meritano una menzione particolare anche il Simula (1967) e il Pascal (1970): il primo introduce il concetto di classe e oggetto, il secondo è invece il primo linguaggio strutturato. All’inizio degli anni Settanta arrivano anche il C (1972), seguito da uno straordinario successo nella programmazione di sistema, e lo Smalltalk (1972), con cui sono state costruite le prime interfacce windows. Le ultime due tappe da cerchiare in rosso sono il 1986, data di nascita del C++ (impiegato da Adobe, Microsoft e Apple), e il 1995, anno in cui viene alla luce Java, semplicemente il linguaggio di programmazione più utilizzato al mondo.
I 10 linguaggi di programmazione più richiesti per il 2024
Nonostante sia trascorso almeno un quarto di secolo dalla loro creazione, Java e C++ sono ancora i linguaggi di programmazione più usati al giorno d’oggi, e nulla vieta di pensare che lo saranno anche nel prossimo futuro. Come è normale che sia, nel corso degli anni sono nati altri linguaggi, alcuni dei quali rappresentano il presente e il futuro della programmazione, disciplina che sembra non conoscere crisi (una recente ricerca della Comunità Europea sottolinea come il settore crescerà di oltre 8 punti percentuali entro il 2030).
A questo proposito, un’interessante indagine di LinkedIn Job ha stilato una classifica dei linguaggi di programmazione più richiesti nel 2023. Nei primi dieci posti della lista, che prende in considerazione sia il mercato statunitense sia quello europeo, ci sono:
- Python
- Java
- JavaScript
- C++
- C#
- C
- TypeScript
- PHP
- Perl
- Ruby
Abbiamo già sottolineato il periodo d’oro che il settore della programmazione sta vivendo in questo periodo, con una crescita vicina alla doppia cifra da qui ai prossimi 7-8 anni. Da qui l’importanza di capire quali sono non soltanto i linguaggi più richiesti dalle aziende, per chi ha già un’occupazione, ma anche quelli più convenienti da imparare, in particolare per tutte quelle persone che si avvicinano soltanto ora al mondo dell’informatica e vorrebbero trasformare la loro passione in un lavoro ben remunerato.
Nel capitolo successivo prenderemo in esame i migliori 10 linguaggi di programmazione da apprendere, illustrando per ciascuno di essi le principali caratteristiche e gli ambienti di utilizzo.