Esiste da qualche anno a questa parte una teoria secondo la quale Internet non esiste più. Sarebbe morta tra il 2016 ed il 2017. Da allora, la rete, per come l’abbiamo conosciuta fino a quella data, è sparita, e gli esseri umani che interagiscono e creano contenuti sono stati sostituiti dall’Intelligenza Artificiale, e dalla sua produzione di fake news. Un potente ma implacabile esercito di bot, piccoli robot che eseguono automaticamente delle attività online, ha preso il controllo di internet con l’obiettivo, deciso dai ‘poteri forti’, di manipolare ed influenzare la popolazione mondiale, spingendola ad aderire a determinate idee politiche o ad acquistare determinati prodotti.
Credere nel dio dell’Intelligenza artificiale – Questo è il nocciolo della cosiddetta ‘Dead Internet Theory’, una teoria cospirazionista nata, intorno al 2010, su siti quali 4Chan o Wizardchan, e ripresa, in maniera più convincente nel 2021, quando un post intitolato ‘Dead Internet Theory: Most of the Internetis Fake’, pubblicato sul forum Agora Road’s Macintosh Cafè, ha dato definitivamente avvio alla sua diffusione online. Se è innegabile che proprio attorno al 2016 si sono iniziate a diffondere le cosiddette fabbriche di troll, volte ad influenzare l’opinione pubblica tramite un utilizzo massiccio di bot, per i cospirazionisti, però, l’intera rete sarebbe ormai dominata dall’I.A. che aderisce, come scritto su Wired, “ad un enorme piano di propaganda per annebbiare il cervello della popolazione e renderlo più controllabile”. Ne sarebbero la prova la pubblicazione di contenuti con frasi tutte uguali o trend che, diventando virali, spingono le persone a pubblicare contenuti molto simili tra loro. Coloro che credono al contenuto di tale teoria, quindi, sono convinti che su internet non si interagisca più con esseri umani, ma con l’Intelligenza Artificiale che ha rimodellato la rete, come scritto su Forbes, “in una forma algoritmica più controllata che esiste solo per vendere prodotti e idee”.
Lo scorso gennaio, la teoria della morte di internet è stata ripresa su X in un video, visualizzato da oltre 24 mila persone con 2000 repost, in cui il suono del kazako veniva paragonato “ad un motore diesel che cerca di avviarsi in inverno”. Il fatto però che ci fossero dei commenti di apprezzamento, nonostante il contenuto fosse stato caricato senza audio, ha fatto presumere a molte persone che i bot stessero apprezzando il video senza un vero senso logico. Questo non è un argomento nuovo sui social dove un numero crescente di utenti si lamenta del fatto che l’I.A. abbia letteralmente infestato internet con “una quantità di risposte folli, irrilevanti e inutili”.
Fabbriche di contenuti – Allo stesso modo sono tantissimi gli scrittori ed artisti che ravvisano moltissime immagini o testi scritti generati con l’Intelligenza Artificiale totalmente privi di valore. La possibilità di poter produrre in pochissimo tempo, grazie a sistemi come Chat Gpt, un numero consistente di testi sta determinando il diffondersi, in maniera indiscriminata, delle cosiddette ‘A.I. content farms’, letteralmente fattorie di contenuti generate con l’I.A., di fatto delle vere e proprie fabbriche di contenuti generati con l’intelligenza artificiale, capaci di pubblicare degli articoli semplicemente rielaborando le notizie già presenti online.
Due giornalisti, McKenzie Sadeghie Lorenzo Arvanitis di Newsguard, intervistati tempo fa dal Guardian, hanno dichiarato che vi sono moltissime di queste ‘fattorie’ operative online capaci“di fornire un rapido turnover di materiale tale da saturare la rete di pubblicità a scopo di lucro (…) alcuni pubblicano centinaia di articoli al giorno, altri diffondono false narrazioni. Quasi tutti i contenuti presentano un linguaggio blando e frasi ripetitive, segni distintivi dell’intelligenza artificiale”.
725 siti di notizie false – Ad oggi NewsGuard, centro di monitoraggio sull’I.A., ha identificato ben 725 siti di notizie ed informazioni generate conl’Intelligenza Artificiale, dotati in genere di nomi molto generici, come Ireland Top news o Daily Time Update, che possono indurre il lettore a ritenerli dei siti di notizie ufficiali, mentre si tratta di palesi fake news“su eventi inventati o datati, presentati però come se fossero appena accaduti”. Secondo NewsGuard “il modello di guadagno di questi siti è la pubblicità programmatica, in base alla quale l’industria della tecnologia pubblicitaria fornisce annunci pubblicitari senza tenere conto della natura del sito. Di conseguenza marchi rinomati stanno sostenendo involontariamente tali siti”.
Su Forbes i contenuti generati dall’I.A. vengono paragonati all’immensa isola di plastica che galleggia sulla superficie dell’oceano perché, allo stesso modo che per la spazzatura, anche tale materiale si sta allargando a dismisura e “salendo insuperficie”. Si può quindi dire che, pur non concordando con l’estremismo dei cospirazionisti, la teoria in esame è divenuta comunque una sorta di previsione, non troppo errata, dei pericoli che si corrono a causa del proliferare dei contenuti fasulli pubblicati online.
Amazon e i finti libri – Il problema non riguarda solo i social media, ma interessa anche siti che si pensavano immuni al diffondersi di un tale fenomeno. Amazon, ad esempio, si trova a dover fare iconti con la pubblicazione di centinaia di pseudo-libri, scritti con l’I.A.,messi in commercio al solo fine di lucro. Del problema se ne era occupato ancheil Post che aveva riportato la vicenda di Catherine Bilson, un’autrice australiana di romanzi rosa, che aveva diffuso su X la foto di un libro scritto da una certa Quynh Ti ed intitolato, in maniera del tutto sgrammaticata, ‘Wait you love me’, inserito da Amazon nella Top 100 degli ebook a contenuto romantico più venduti. Si tratta, come è chiaro, di un libro generato conl’Intelligenza Artificiale. Lo stesso vale per centinaia di libri prodotti grazie all’utilizzo di ChatGpt, indicato come co-autore di moltissime opere, ma il cui apporto viene molto più spesso occultato. E’ il caso, citato dal NewYork Times, di una guida di viaggio intitolata ‘France Travel Guide’, recensita in maniera più che positiva, che si è rivelata essere solo una raccolta di descrizioni prese direttamente da blog e voci di Wikipedia.
L’Intelligenza Artificiale sta trasformando Google – Anche su Google la preoccupante diffusione dell’Intelligenza Artificiale sta trasformando un valido motore di ricerca in una sorta di “oracolo”, come scritto su Wired, che fornisce delle risposte elaborando dei contenuti già presenti online, invece che indicare agli utenti i siti web più adatti a rispondere alle richieste avanzate. L’obiettivo di Google, secondo quanto dichiarato a Cnbc da RuthledgeDauguette, Ceo di TechRaptor, sito dedicato ai videogiochi e ad i giochi da tavolo, “è fornire una ricerca ‘zero-click’ che sfrutta le informazioni delle testate e degli autori che impiegano tempo e fatica per creare contenuti senza offrire loro nessun beneficio”.
Criminalizzare l’uso sbagliato che si fa dell’IA – Se è vero che il progresso tecnologico implica anche la sfida ad un suo corretto utilizzo, non bisogna correre il rischio di criminalizzare l’Intelligenza Artificiale in sé, ma solo l’uso sbagliato che si fa di questo importante strumento. Come suggerito dagli esperti, i problemi sollevati in merito all’eccesso di produzione di contenuti fasulli possono servire da spunto per migliorare la situazione esistente online, incentivando, ad esempio, l’utilizzo di strumenti di verifica o fissando degli standard normativi internazionali che obblighino a segnalare i contenuti creati con l’Intelligenza Artificiale, punendo i creatori di contenuti dannosi. Secondo quanto scritto da James Vincent su The Verge “i modelli di Intelligenza Artificiale generativa stanno cambiando l’economia del web, rendendo più economico generare contenuti di qualità inferiore”. Secondo il giornalista, il modo in cui l’ I.A. si staaffermando su internet è molto sottile, e ha a che fare con il fatto che “gliesseri umani non possono batterla quando si tratta di produzione di massa”.
L’altra faccia della medaglia – Si assiste, di fatto, ad una lotta impari tra la produzione mastodontica, ma relativamente scadente, prodotta dalle macchine, ed il lavoro umano che risulta più accurato ma meno redditizio. Per Vincent non resta che provare ad invertire la marcia facendo leva sulle lacune dell’I.A.: sempre più persone, ad esempio, potrebbero essere interessate a pagare pur di poter accedere a fonti verificate, e ciò porterebbe alla costruzione di piattaforme meglio finanziate e funzionanti, capaci di fornire contenuti di qualità. L’unica speranza, quindi, per non far morire definitivamente il web che abbiamo conosciuto prima dell’avvento dell’I.A. è quella di recuperare l’utilizzo di quei siti maggiormente disponibili a verificare i propri contenuti o i prodotti messi in vendita, e che, attualmente, si trovano schiacciati da concorrenti che sfruttano la cattiva qualità di prodotti fake.